Regola

REGOLA DEI FRATELLI

DELLA BETA VERGINE MARIA DEL MONTE CARMELO

 

 STORIA

Questo gioiello di poche e ricchissime pagine, nasce nel 1200 su richiesta di un gruppo di eremiti situati presso la fonte al Monte Carmelo al Patriarca di Gerusalemme Alberto Avogadro (1150 – 1214) . La redazione attuale rappresenta lo stadio finale del testo detto “Vitæ formula” , cioè non propriamente una regola, ma una serie di norme pratiche e spirituali che aiutano i primi eremiti a vivere alla sequela di Cristo. Essa diviene regola nel 1247, con l’approvazione Pontificia di Papa Innocenzo IV. E’ indirizzata ad un certo “B” che la tradizione tardiva indicherà con Brocardo.

 

Vivere nell’ossequio di Gesù Cristo

“ Molte volte e in diversi modi i anti Padri hanno stabilito come ognuno, a qualunque stato di vita egli appartenga o quale che sia la forma di vita religiosa scelta, deve vivere nell’Ossequio di Gesù Cristo e servire Lui fedelmente con cuore puro e totale dedizione

Il termine “obsequium” fu utilizzato sia nel significato feudale medievale, cioè di servizio, sia per spiegare l’obbedienza a Cristo. I Carmelitani sceglievano di lasciare tutto e di vivere nella povertà come Cristo al quale dovevano fedeltà e servizio, aiuto e obbedienza. Quest’ultima si esplicita nella presenza del Priore, il quale viene visto come suo rappresentante: ascoltare ed obbedire al priore, significa ascoltare ed obbedire a Cristo stesso

Parola pregata in solitudine

Rimanga ognuno nella propria cella, o vicino ad essa, meditando giorno e notte la legge del Signore e vigilando in preghiera” (n°7)  

La cella è il luogo per eccellenza dell’incontro con il Signore, perché custodisce il clima di silenzio e solitudine proprio della preghiera e permette il comando di meditare giorno e notte la legge del Signore, cioè la sua Parola.  La preghiera continua è il desiderio che emerge dalla spiritualità monastica e che significa non una serie ininterrotta di parole e preghiere da pronunciare, ma l’accoglienza della Parola di Dio in un cuore puro che trasfigura l’esistenza.  Il significato infatti della preghiera continua è quella di dare la precedenza ad essa su ogni cosa; il Volto di Dio si ricercato in ogni cosa, Egli deve avere il primo posto  e tutto ciò che si fa deve essere fatto nel suo Nome e consacrato a Lui: questo il significato autentico della preghiera continua.

Preghiera liturgica

“ Coloro che hanno imparato a dire le ore canoniche con i chierici, devono dirle nel modo che i santi padri hanno stabilito e secondo le consuetudini approvate dalla Chiesa”.

 E’ il rimando alla preghiera della Liturgia delle Ore, chiamata così perché ha come scopo quello di santificare tutta la giornata. Essa è prolungamento dell’Eucaristia celebrata nei Carmeli ogni mattina. Attraverso di essa Cristo si fa presente nella Chiesa, come ricorda Sant’Agostino “ Quando pregando parliamo con Dio, non per questo separiamo il Figlio dal Padre e quando il Corpo del Figlio prega non separa da sé il proprio Capo, ma è Lui stesso unico Salvatore del suo Corpo, il Signore nostro Gesù Cristo Figlio di Dio, che prega per noi, prega in noi, ed è pregato da noi. Riconosciamo dunque in Lui le nostre voci e le sue voci in noi”.

Eucaristia quotidiana

“L’oratorio costruitelo in mezzo alle celle, se può farsi con una certa comodità e là vi riunirete ogni giorno di mattina, per celebrare l’Eucaristia.

Il Cristo ascoltato e pregato, è anche assimilato nella celebrazione quotidiana dell’Eucaristia, come si usava fare nella maggior parte degli Ordini del XIII secolo. Questa prescrizione rimanda agli Atti degli Apostoli dove si precisa che “Ogni giorno spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità” (At. 2,46).Allo stesso modo i carmelitano, spezzando il pane ogni giorno, desiderano essere un Corpo solo in Cristo. E’ il mistero del Corpo mistico di Cristo. Ogni giorno infatti assimilandoci al Signore diveniamo anche tra noi un unico Corpo, quello di Cristo e ci permette di essere un cuore solo ed un anima sola.

Vita spirituale

“ Poiché la vita dell’uomo sulla terra è una tentazione e tutti quelli che intendono condurre una vita fedele a Cristo, vanno soggetti alla persecuzione, poiché inoltre il vostro avversario il diavolo gira attorno come un leone ruggente cercando chi divorare, con ogni cura dovete indossare l’armatura di Dio, così da poter essere capaci di resistere contro l’astuzia del nemico”

Venuti dall’Occidente latino con l’intento di partecipare in vario modo al ritorno della cristianità in Terra Santa e alla conquista della città santa di Gerusalemme, gli «eremiti» si erano da tempo radunati sul Monte Carmelo alla ricerca di una «città» infinitamente più preziosa . La così detta guerra di Dio, combattuta con armi terrene contro gli infedeli, cede il primato ad un’impresa certamente più degna della loro identità cristiana: la conquista della Gerusalemme del cielo con le armi specifiche della solitudine orante, della santa penitenza, della fede, speranza, carità. Questo combattimento che avviene nel cuore, non disumanizza, ma al contrario riporta l’uomo a se stesso, alla sua vera identità così come è uscita dalle mani di Dio, liberandolo dalla concupiscenza, che lo rende schiavo

Lavoro

Dovete fare qualche lavoro, così che il diavolo vi trovi costantemente occupati e non avvenga che a motivo dell’oziosità vostra, egli possa insinuarsi nelle anime vostre.

Il capitolo più lungo della Regola è dedicato al lavoro manuale. Il discorso si svolge soprattutto sull’insegnamento dell’Apostolo Paolo, il quale lavora con le proprie mani per non essere di peso alla comunità. Vi sono però anche motivazioni ascetiche care alla tradizione monastica; il lavoro manuale infatti salvaguarda dal demone del mezzogiorno, l’accidia . Naturalmente il lavoro è anche servizio alla comunità e modo pratico per mettere in atto il precetto della carità fraterna, nel servizio umile e fedele all’altro; ancora il lavoro fa comprendere al carmelitano la condizione di ogni uomo sulla terra chiamato a lavorare per guadagnare il proprio pane ed avere una vita dignitosa.

Vita fraterna

 Quest’ultimo aspetto ha tantissimi riferimenti nella Regola. Non a caso il nostro fondatore è una comunità e non un singolo.

Refezione comune: Questo avvenga in modo che possiate mangiare in un refettorio comune quanto vi sarà distribuito, ascoltando insieme qualche brano della Sacra Scrittura” Il refettorio nella spiritualità monastica è luogo sacro tanto quanto la cappella. Vi si vede una continuazione con la mensa comune eucaristica e della Parola di Dio; è rimando chiaro al cenacolo, luogo dove Cristo condivide con la Chiesa il suo Corpo e il suo Sangue. E’ il luogo della piena comunione tra fratelli che dividono insieme la gioia del pasto;

Comunione dei beni e povertà: Nessuno dei fratelli dica che qualcosa è di sua proprietà, ma tutto sia in comune tra voi.  Il rimando agli Atti degli Apostoli è chiaro.  L’unità nella carità fraterna è la fonte d’ispirazione che suscita la vita comunitaria; nella condivisione scompare la differenza di tuo e del mio per dare spazio al “nostro”, ad immagine della Trinità fonte di perenne scambio d’amore.